RECENSIONI

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Su sentieri più acustici, di chiara ispirazione roots e vagamente "desertici" si incamminano i milanesi Grace in Sand, suggestivo nome che evoca immediatamente un preciso filone della tradizione americana. Anche la copertina e il suo paesaggio sfumato e onirico sembra suggerire tale percorso: il breve strumentale 27# riflette strade polverose nei riverberi della chitarra di Rino Villano, ma è solo una delle escursioni della band nei territori di certo desert sound alla Calexico, ripreso con più insistenza proprio nella title track, che ospita anche la tromba di Francesco Piras. Per il resto del viaggio siamo trasportati in ambientazioni più rurali, gentilezzze country rock e rustici sapori blues da portico che fanno della sottrazione, del suono roots la loro ragione d'essere, sempre prestando attenzione però alla limpida qualità dell'incisione. Il motivo retrò che accompagna Jazz in Sun è il campanello che annuncia l'anima più sincera dei Grace in Sand. Sulla scia old time di queste melodie si accodano East Circus, lo sbuffante e primordiale rockabilly di Cherry in a Bottle, la ballata bluesy Half Past 8 e il più colorato apporto ritmico di About a Trip, con tonalità da border music. Se questa manciata di brani rappresenta l'aspetto più tradizionale della band (il trio è completato da Enri Castello al basso e Toni Palmitesta allla batteria), sull'altro versante si fanno notare brani dal tessuto più melodico e vagamente west coast (Flower in a Drop, Back Door), che forse avrebbero richiesto una maggiore convinzione in fase di arrangiamento (Anyway chiude con passo elettrico, ma pare un po' smorzata). A tratti l'interpretazione di Villano appare infatti eccessivamente frenata, una soluzione che può funzionare soltanto in alcuni frangenti del disco. Ci sono comunque buoni spunti e qualità tecniche da cui partire per allargare le ambizioni dei Grace in Sand.
(Fabio Cerbone)
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